Ludovico Dolfo era un giovane di belle speranze quando varcava per la prima volta la soglia della Ghirada, la mitica “Cittadella dello Sport” di Treviso che ha forgiato centinaia di campioni.
Lui, giovane e già ipertricotico e riccioluto calciatore, mica ci voleva giocare a pallavolo, quello sport quasi assurdo dove la palla la tocchi solo con le mani ed è talmente strambo da costringerti a passarla o fartela passare da un compagno, per poterci giocare, mica puoi fare tutto da solo!
Poi succede che suo fratello, di 4 anni più grande, già ci sia entrato, in quel “tunnel” e lui, dodicenne, vada a vederlo giocare nella Sisley (“quella” Sisley Treviso, seppur quasi alla fine di un ciclo che ha scritto la storia di questo sport in Italia e in Europa), forse per affetto più che per interesse o passione per questo gioco tutto matto.
Succede anche che uno dei tecnici di Treviso, incuriosito non tanto dalla chioma ma soprattutto da quel ragazzone già alto per la sua età, lo avvicini e gli chieda di provarci ed ecco l’amore a prima vista.

A proposito di amore a prima vista, come hai conosciuto la tua Samantha?
Con lei è stato proprio cosi. A Bibione 4 anni fa, in un camp organizzato dalla Federazione, chiamato Beach Volley School. Lei era presente in qualità di tecnico di lingua inglese (Samantha è di Pasadena, uno dei mille sobborghi di Los Angeles) e io appena l’ho vista mi sono innamorato . Dopo tre giorni avevamo già praticamente “ufficializzato” il nostro rapporto, tanto che lei si è trattenuta in Italia un ulteriore mese in più rispetto al previsto.

Una bellissima storia d’amore culminata con il matrimonio di questa estate…
Talmente bello, talmente emozionante che ci è venuta voglia di farne un altro.

Cioè?
Il matrimonio di quest’estate è stato celebrato a Treviso con rito civile, ma siccome vogliamo anche la cerimonia religiosa abbiamo previsto di “recuperare” il prossimo anno a Los Angeles.

Indossi sempre l’anello? Anche in allenamento e in partita?
No, un po’ per poca abitudine, ma soprattutto per preservarlo, lo tolgo ogni volta. Anche perché mio padre mi ha regalato una scatolina in cui riporlo.

Tua moglie è una pallavolista. Quanto è importante per uno sportivo del tuo livello questo aspetto?
E’ fondamentale. Con lei ho un dialogo e un confronto pressoché costante su tutti gli aspetti della mia vita “in campo”, anzi molto spesso è lei che mi sprona o mi consiglia su certe situazioni. Da sportiva, capisce perfettamente i “tempi”, in termini di riposo o di avvicinamento a una partita importante, e quindi anche da questo punto di vista l’intesa è massima.

Ma lei gioca ancora?
Quando ci siamo conosciuti in realtà aveva smesso per dedicarsi solo all’attività di allenatrice, visto che in America, dopo il College, era impegnata con una under 16. Poi ha deciso di ricominciare una volta che si è trasferita definitivamente in Italia e ora gioca in serie C, anche se potrebbe stare tranquillamente almeno in B1 ma purtroppo il suo status di extracomunitaria glielo impedisce.

I tuoi inizi?
Ho cominciato a giocare a calcio quando avevo 8 anni e fino ai 12 non ne volevo sapere di cambiare sport.
Poi un giorno, visto che bazzicavo già per la palestra in cui mio fratello, di 4 anni più grande di me, si allenava con le giovanili della Sisley, uno degli allenatori mi propone di fare una sorta di provino, visto che l’altezza già c’era.

Da lì l’ingresso in una delle Società più gloriose del volley italiano ed europeo.
Con l’unico grosso rammarico che in quel periodo cominciavano le prime avvisaglie di quella che poi si sarebbe rivelata la fase calante del club. In prima squadra c’erano ancora Papi e Cisolla, l’opposto era Fei, c’era Gustavo e Hubner al centro, il palleggiatore era Ricardinho ma in quella stagione arrivò solo un ottavo posto, non senza sofferenza.

A livello giovanile, però, eravate una superpotenza.
Ci siamo tolti delle belle soddisfazioni. Un giorno chiacchieravo con Franzoni e ci siamo ricordati entrambi di esserci sfidati per una finale del campionato Italiano under 16, quando io ero nella Sisley e lui militava nella Gabeca Montichiari, come schiacciatore

E com’è andata?
3 a 0 facile facile per noi. Sono andato a recuperare il dvd e ce lo rivedremo insieme.

E quindi tu sei cresciuto all’ombra di un 6 chiamato “ ‘o fenomeno”, all’anagrafe Samuele Papi
Siamo stati parecchio fortunati, in quegli anni. Siamo cresciuti in una città, in un ambiente in cui la pallavolo era tutto e poterlo fare ammirando questi campioni, dal vivo, penso a quando andavamo a vedere le finali scudetto, è stato un privilegio.
Io ho sempre ammirato Papi e quando poi ho avuto la fortuna di avvicinarlo e conoscerlo devo dire che l’impatto è stato ancora più positivo, una persona squisita anche fuori dal campo, non solo un “mostro sacro” sul taraflex.

E invece come puoi giudicare questo avvio di stagione?
Molto buono, ovviamente c’è stata una parte iniziale un po’ più dura, in particolare per me che venivo da un’estate “impegnativa” proprio per il matrimonio e per il fatto di non essere più un ragazzino, però col passare dei giorni le cose si sistemano. Ovviamente c’è sempre da lavorare, c’è da limare qualcosa nel gioco ed insistere sui dettagli, che poi sono quelli che fanno la differenza, però ci siamo, il gruppo è ottimo.

C’è qualcuno con cui hai legato maggiormente?
Cargioli a parte (i due erano già compagni lo scorso anno a Reggio Emilia) ho ritrovato Carminati, con cui avevo giocato a Città di Castello, e per ora posso dire di aver legato molto con Franzoni. Ma siamo una squadra giovane, determinato e unita, i legami si faranno strada facendo.

Sei scaramantico?
Nemmeno più di tanto. Ci sono alcune piccole cose che faccio anche io, come ad esempio legare le dita con il nastro sempre nello stesso modo e nello stesso ordine, ma per il resto non ne ho di particolari. Chiaramente resta intesa l’intoccabilità del posto in spogliatoio.

Qualche rito nelle trasferte o nel pre-partita?
Qualcosa che facciamo sempre tutti insieme è ascoltare musica che ci carichi. In particolare in questo periodo ascoltiamo “Fuego” (singolo del produttore brasiliano Alok con un campione preso dalla colonna sonora della serie di Netflix “Narcos”), poi arriva Graziosi e ci carica ancora di più con uno dei suoi discorsi motivazionali.

Ti piace Bergamo?
Non sono ancora riuscito a visitarla, ma prometto che recupererò quanto prima. Per ora con Samantha mi godo la tranquillità del quartiere di Colognola, dove abitiamo insieme al nostro cane e che ho già percorso in lungo e in largo con piacevoli passeggiate.