M. Roma in A2, nonostante Mastrangelo. E questa volta in perfetto orario sui tempi stabiliti dalla Lega. Fino all’ultimo, tuttavia, si è temuta l’ennesima rinuncia perché nel pomeriggio è improvvisamente scoppiata la grana tra il club e l’azzurro, determinato a voler percepire fino all’ultimo euro.
Mastrangelo è legato alla società con un contratto in scadenza a giugno 2010 e quindi non ha accettato nessuna delle molteplici proposte che gli sono state fatte da Mezzaroma, per trovare con il giocatore un accordo che consentisse la presenza della serie A a Roma. Mastrangelo è stato irremovibile, non ha spostato di una riga il suo discorso economico, che ha, tra l’altro, condito con frasi significativamente legate al desiderio di essere “indennizzato” in tutto e per tutto. Altro che attaccamento alla maglia! Fanno ridere quelle frasi con le quali, soltanto qualche mese fa, dichiarava eterno amore a Roma. Dal miele siamo finiti al veleno. “Non mi frega niente se la squadra non farà l’A2. Questo progetto è iniziato con me e con me finisce”. Una battuta lapidaria che rischiava di mandare all’aria la possibilità di iscriversi al campionato di A2. Massimo Mezzaroma e Vittorio Sacripanti, dopo averne discusso con i rispettivi procuratori, erano riusciti a ottenere la “liberatoria” persino da Henno e Miljkovic. Proprio il serbo, tra i pochi a capire il momento delicato della società, da gran signore, ha fatto sapere di accettare la proposta della Roma e, nel caso, di rinunciare a tutto quello che gli sarebbe spettato. Con Mastrangelo non è stato possibile perché il giocatore, improvvisamente, ha riscoperto non l’attaccamento per la città, dove aveva trovato persino la clinica per far nascere il secondo figlio e la chiesa dove battezzarlo, ma un altro genere d’interesse. Giustificato, per carità. E da quella posizione non ha voluto recedere. Mastrangelo, come ogni atleta che si rispetti, vuole i soldi. Tutti. Ovviamente, quelli che il contratto con la M. Roma gli garantisce fino a giugno del 2010. Inutilmente Massimo Mezzaroma e il suo direttore generale hanno tentato la carta della mediazione, considerando che rovinare l’esperienza di vita e agonistica di un grande campione come Mastrangelo, in una ancor più grande città che lo ha ripagato nel cuore e nello spogliatoio, ben più di quanto il resto dell’Italia sia oggi disposto a ripagarlo nel portafoglio e, forse, nell’affetto.
Il pensiero che questo sport debba essere d’esempio per tanti giovani, alla ricerca di modelli etici alternativi, deve essere passato nella mente più del presidente Mezzaroma che non intende negare a tanti ragazzi romani il diritto di giocare nella serie A, più che nella mente di Luigi Mastrangelo. Il giocatore, per l’ultima volta, si è confermato “Muro de’ Roma”, forse un “muro” del pianto.