L’intervista al palleggiatore Lorenzo Piazza, pubblicata sull’ultimo numero di Volley News, l’house organ ufficiale della Caloni Agnelli. 

La strada non poteva che essere tracciata: papà, mamma e sorella nel mondo del volley e un centro sportivo nella città natale, Pescara. Così Lorenzo Piazza è entrato nel solco di un’impronta nata tra le mura domestiche e a Bergamo, a 24 anni, affronta il primo anno da titolare in serie A

Quando il dna traccia la via…
Sì, ho continuato sulle orme di una passione che mi hanno trasmesso papà Claudio, mamma Miria e mia sorella Beatrice che oggi gioca in serie C.

Il rapporto con un papà che è stato anche allenatore?
La mia famiglia ha un centro sportivo a Pescara e lui allena nell’omonimo gruppo sportivo in città. Quando ero un suo giocatore si diversificava e a casa si parlava di pallavolo soltanto in caso di necessità. Oggi, ovviamente, con l’orgoglio di vedere il proprio figlio in serie A nel corso di qualche telefonata il consiglio di tanto in tanto arriva.

Il primo anno lontano da casa?
Avevo 18 anni, nelle giovanili di Roma che all’epoca militava in A1. Poi quando Boninfante era impegnato con la nazionale venivo chiamato da coach Andrea Giani per essere il vice di Paolucci. C’erano i vari Zaytsev, Corsano, Cisolla, Maruotti.

Come viveva quelle situazioni il baby Lorenzo?
Un’emozione pazzesca potermi confrontare con campioni che giocavano in Superlega, uno dei campionati più belli al mondo. Non dico che i primi due palloni mi tremassero le mani, ma qualche sensazione forte l’ho provata. Quando si ha la fortuna d’essere a contatto con quel mondo si cerca d’immaginare un futuro come quello degli atleti con cui ti stai allenando ed è il sogno di ogni ragazzo che comincia a praticare questo sport.

Uno sport che tu vivi 365 giorni all’anno…
Proprio cosi, perché quando terminano gli impegni agonistici torno a Pescara per aiutare la famiglia.

In attesa della laurea. Il traguardo non è lontano…
Cinque esami e mi devo rimboccare le maniche. Sono iscritto a Scienze Motorie a Chieti.

E per staccare la spina?
Riesco a ritagliare un paio di settimane per il mare. Preferibilmente quello della Sardegna, poiché da quando ho giocato a S.Antioco (B1, anno 2014/2015) mi è proprio rimasto nel cuore.

Quanto manca il mare?
Non ero abituato a vedere le montagne all’orizzonte. Se penso che 12 mesi fa di questi tempi andavo ancora in spiaggia… Colmo la mancanza con qualche giretto verso il lago di Garda, anche se l’aria salina ha tutto un altro sapore.

L’impatto con Bergamo?
Molto positivo, seppur diverso da Alessano. Si respira un’atmosfera diversa: là molto più passionale e qui più spettacolare, in Puglia la tifoseria è una delle più calde della serie A mentre qui la pallavolo coinvolge maggiormente tutto il pubblico.

Il tuo primo anno da titolare in una squadra giovanissima…
Stimoli enormi e il posto è sempre da guadagnare. Con coach Graziosi non si sgarra e pretende sempre il massimo in ogni momento da ognuno di noi. Nessuno è titolare ed è giusto che sia cosi perché l’apporto della panchina, soprattutto nelle difficoltà, può essere fondamentale dunque è indispensabile farci trovare sempre pronti.

Uno sguardo al girone…
Non esiste una prima o una seconda fascia, regna l’equilibrio. A maggior ragione è importante ottenere sempre punti, sia in casa che in trasferta.

Il tuo ruolo?
La pallavolo è uno sport di situazione e le situazioni sono innumerevoli, motivo per cui la tecnica deve essere sopraffina. Altro aspetto su cui sto lavorando è la capacità di creare coesione nel gruppo, richiesta esplicita dell’allenatore. La mia posizione in campo fa crescere molto i rapporti, non mi accorgo d’avere molta di quella responsabilità che in realtà c’è tutta: bisogna esserne consapevoli senza che però si trasformi in un peso.