Non è un brasiliano “cresciuto” in spiaggia a suon di beach-volley, ma è originario di una zona montana al confine con l’Uruguay densamente popolata di italiani fortemente radicati nella loro identità e legati al proprio nucleo familiare. E al Belpaese, Marco Pavan ha sempre guardato, sin da quando – dodicenne – cominciò a giocare, maturando pallavolisticamente nella Superliga fino all’ingaggio, fortemente voluto, nel 2005 a Loreto. Sono passati tre anni. Il prossimo, Marco (“centralone” di 202 cm, oggi 26enne) sarà italiano a tutti gli effetti e a Castelfidardo nascerà tra una manciata di settimane il bimbo che la moglie Viviane porta in grembo. «Matteo è già qui»: chi parla è un papà orgoglioso, che ha scelto una città dove si vive bene e una squadra neopromossa per cercare qualità e continuare la crescita. «La mia storia italiana è molto breve – spiega Pavan -: ho sempre desiderato fare esperienza nel vostro campionato e a Loreto mi sarei dovuto fermare due stagioni. C’è stata però la chiamata di Taranto in A1 ed anche se ho giocato poco si è trattato dell’anno più proficuo, al fianco di atleti d’altissimo rango». Poi, Spoleto, «un’altra realtà importante, con una tifoseria fantastica che ti sta accanto e soffre con la squadra, ma sfortunata, perché sarebbe bastato un set in più per salvarsi». Punto a capo. Ed ecco la proposta della La Nef Castelfidardo, accettata al volo «perché c’è una società seria, uno staff tecnico preparato ed un’idea di lavoro nuova, subito chiara: mi sono introdotto in un gruppo con un’identità definita, abituato ad un buon livello e determinato a non …. perdere mai». Una squadra nella quale Marco Pavan va integrandosi con naturalezza (Biagiola e Giuliani i compagni già avuti a Loreto e Spoleto) e in cui sa di rappresentare un valore aggiunto fondamentale. «La differenza tra B1 e A2, così come tra A2 e A1 – dice – sta nella potenza: tecnicamente Castelfidardo ha tutti i requisiti, ma è sotto il profilo fisico che dobbiamo lavorare. Sul piano della mentalità, c’è un atteggiamento che mi piace e in cui mi ritrovo: giocare sempre al massimo, concentratissimi. Nella pallavolo, meno si pensa, meglio è: quando si va in campo, dopo centinaia di allenamenti, deve essere tutto automatico. Certo, ogni volta va trovata una motivazione in più che faccia scattare una molla ulteriore». Il primo straniero nella storia della La Nef parla già la stessa lingua della società.