Chi ha avuto la possibilità di conoscerlo, alla richiesta di descriverlo con un aggettivo, probabilmente risponderebbe “unico”. Perché Matteo Piano, nel suo genere, è effettivamente unico sia in campo che al di fuori del rettangolo di gioco. Socievole, simpatico, umile, sempre sorridente e cordiale ma al contempo serio e determinato quando si tratta di allenarsi o di farsi valere in campo. Un ragazzo che quindi si può definire “d’altri tempi”. Un ragazzo che a 22 anni ha già fatto tanta strada: cresciuto nel vivaio biancorosso della Copra Elior, squadra con cui ha condiviso anche alcune apparizioni in A1, dallo scorso anno milita tra le fila della Gherardi SVI Città di Castello e questa stagione, indossando i colori sociali biancorossi come quelli di Piacenza, ha realizzato una grande impresa, quella di approdare alla massima serie, l’A1.
La promozione è arrivata con tante giornate di anticipo rispetto alla conclusione del Campionato grazie al primato delle 22 vittorie contro le sole 2 sconfitte ma Matteo Piano, centrale piacentino, può annoverare e spuntare nell’elenco delle “cose da ricordare” del 2013 anche la chiamata di Mauro Berruto, CT della Nazionale italiana. Gli occhi del CT azzurro si erano posati su Piano già nel novembre scorso, quando lo aveva convocato per il primo collegiale del “Progetto Rio 2016”. La stagione è andata talmente bene che un’ennesima chiamata è arrivata pochi giorni fa, quando l’allenatore della Nazionale ha voluto che il centrale biancorosso facesse parte degli allenamenti della Nazionale in vista della World League e degli Eurpoei. La presenza di Piano tra le fila dei protagonisti che scenderanno in campo per gli impegni in azzurro ha ancora un punto di domanda alla fine, ma Piano, con il suo sorriso ottimista, si costruisce e pensa al futuro mettendo dei solidi tasselli di giorno in giorno con i fatti concreti del suo lavoro in campo. Intanto lo si vedrà al PalaBanca il primo di giugno, questa volta non con i colori biancorossi né di Piacenza né di Città di Castello, ma con indosso la maglia n. 14 della Nazionale italiana.

A Città di Castello sei stato fautore di una splendida stagione, costellata da tante vittorie (22) e solo due sconfitte. 22 successi che vi hanno promosso a pieni voti nella serie A1. Un resoconto di questa stagione e la partita o il momento che ti è rimasto maggiormente nel cuore.

Senza nulla togliere alle stagioni precedenti, questo anno è stato il più bello che ho vissuto fino ad ora. L’esperienza a Città di Castello è stata fantastica anche grazie al bellissimo gruppo, a mio avviso composto da giocatori molto forti e esperti e da uno staff sempre attento e disponibile.
Cosa abbiamo avuto in più rispetto alle altre squadre? Credo che il tutto si sia incentrato sulla nostra forza aggiunta oltre all’unità e alla fiducia del gruppo fuori, ma soprattutto dentro al campo. Il campo ci ha uniti con un doppio filo: abbiamo condiviso veramente un anno di tante belle esperienze che credo, sono sicuro, porteremo sempre con noi. E’ giusto sottolineare anche le due sconfitte: una di queste molto importante in finale di Coppa Italia, insuccesso che però ci ha caricati favorendoci un’enorme forza che in un battibaleno ci ha portato a vincere il Campionato con tante giornate di anticipo. Dei momenti belli è scontato dire la partita che ci ha consacrato; per i momenti da incorniciare scelgo tutte le partite dove abbiamo dato prova di essere un grandissimo gruppo, quelle in cui ci siamo andati a riprendere dei set quasi impossibili e abbiamo trovato la svolta e l’esito della partita. Alcuni esempi possono essere i match come Sora, Molfetta, Brolo.

Il primo giugno tornerai al PalaBanca, tua seconda casa per tanti anni, con la maglia azzurra della Nazionale. Si vivono altre emozioni indossando quella maglia?

Sono orgoglioso, emozionato e fortunato per il mio ritorno al PalaBanca soprattutto perché lo faccio con il gruppo della Nazionale. Sabato tornerò nel luogo dove ho iniziato seriamente la mia avventura/scommessa pallavolistica con due allenatori come Lorenzetti e Tubertini e dei compagni con cui sono stato molto bene. Farò visita a un luogo che ho nel cuore, dove ho vissuto momenti bellissimi e momenti anche complicati e difficili ma che, in entrambi i casi, mi hanno fatto crescere tanto; pensando alla grande famiglia Copra non posso esimermi dal sorridere: a Piacenza ho imparato a crescere sia dentro che fuori al campo del PalaBanca.
L’emozione, come ho già detto, è alle stelle ed è un’emozione a 360º, da vivere appieno. Allenarsi e respirare l’aria della Nazionale è un vero privilegio, quindi bisogna sempre essere pronti per l’allenamento, per tutti i momenti di gruppo e, ovviamente, per le partite!

Matteo Piano e il Bovo Day
Non ho avuto la possibilità di conoscere personalmente Bovolenta ma ho sentito parecchi racconti che lo vedevano protagonista. Zlatanov, Giombini, Rosalba, parlavano e parlano tutt’ora spesso di lui. Settimana scorsa ho avuto la grande fortuna di conoscere Federica, sua moglie: sono stato completamente colpito dalla sua immensa forza, dall’ ammirevole coraggio e dai messaggi, sempre ricchi e positivi, che riesce incredibilmente a trasmettere. E’ un onore e un piacere poter far parte di un simile evento.

Lavorando di fantasia, dove ti immagini tra 10 anni?
Lavorando con molta fantasia e tanto ottimismo, tra 10 anni mi vedo sicuramente un giocatore e un uomo con le spalle più larghe, perché avrò vissuto, spero, dieci anni di intensa pallavolo ma anche, soprattutto, di vita. In poche parole mi vedo più esperto, vedo sempre me stesso, cioè un individuo in linea con il Matteo ventiduenne, differente solo nelle esperienze e con una grande valigia a fianco, una valigia piena di insegnamenti appresi nel cammino della vita…Sono consapevole di non aver parlato di pallavolo (ride), ma per abitudine non parlo mai di pallavolo coniugata al futuro; chi mi interroga me lo rimprovera sempre. Penso sia comunque sottointeso che mi auguro una lunga vita pallavolistica e che spero di vivere in questi dieci anni esperienze sportive uniche e, appunto per questo, sicuramente molto difficili da raggiungere. Spero che da qui a dieci anni arrivi qualche medaglia, ma si sa per arrivare a quel traguardo bisogna lavorare sodo e sudare tante camicie, nel nostro caso delle maglie da gioco. Sintetizzando mi auguro 10 anni di lavoro fatto bene, con convinzione e tanto impegno… poi le soddisfazioni sicuramente non mancheranno.