Di Pinto più amareggiato o arrabbiato per la retrocessione?

“ Il mio è uno stato d’animo nel quale si confondono la rabbia, perché resta dentro di me qualche dubbio su quello che avrei potuto fare per mettere una squadra con evidenti difficoltà fisiche e tecniche nelle condizioni migliori per potersi esprimere, e l’amarezza perchè non sono riuscito a raggiungere un obiettivo da dedicare alla società che ha fatto cose straordinarie specie nella fase iniziale della stagione quando si è dovuto operare in tempi ristretti.
Quest’anno sono stato costretto a fare scelte obbligate, a variare il mio modo di lavorare adattandolo ad un gruppo di atleti che andava gestito soprattutto fisicamente.
Non sono stato il Di Pinto autoritario e decisionista di sempre nella gestione del gruppo. Ero conscio già in estate dei limiti fisici e tecnici che la squadra avrebbe avuto”

Ma quali erano i limiti tecnici visti che quelli fisici sono facilmente comprensibili data l’età media elevata del gruppo?

Nella pallavolo moderna si può giocare in due modi: un palleggiatore ed un libero lucidi e sicuri nelle scelte, due grandi attaccanti e due elementi di equilibrio oppure un palleggiatore esperto , un opposto fortissimo ed intorno gente che dia grande equilibrio e che sappia battere bene in salto.
Noi ci siamo affidati ad un palleggiatore giovanissimo ed inesperto, un libero che tornava all’indoor dopo più di un anno passato al beach e soprattutto due attaccanti di grande tecnica ed esperienza ma non potenti.
In pratica non siamo mai riusciti a trovare un reale equilibrio tattico tale da consentirci di poter fa risultato. Siamo stati sempre molto discontinui durante la stagione e nel corso di ogni singola partita. Una delle poche partite giocate ad altissimo livello è stata quella di Perugia. Con questo tipo di equilibrio avevamo bisogno che tutti e sei giocassero al massimo.
Alla vigilia del torneo si pensava di far la corsa su Vibo e Gioia perché considerate tecnicamente alla nostra portata, cammin facendo invece ci siamo ritrovati in lotta con squadre come Latina, Montichiari e anche Modena , tecnicamente superiori alla nostra e che erano partite con l’ambizione di fare i play-off e per noi la situazione si è fatta complicata perché sapevo che avremmo dovuto faticare il doppio per venirne fuori”.

Quali sono stati i momenti determinanti che hanno influito sull’andamento negativo della stagione?

“Sicuramente la partita persa in casa contro Latina che ha scoperchiato i nostri limiti tecnici e psicologici che sino ad allora eravamo riusciti a mascherare. Non si è trovata la forza di ripartire; qualcuno non si è preso le giuste responsabilità ed ha perso troppo tempo a pensare a tutte le altre opportunità che il calendario ci avrebbe dato. La successiva partita sarebbe dovuta essere sempre quella buona per svoltare.
La dèbacle di Gioia, invece, ha messo completamente a nudo i limiti caratteriali di una squadra in difficoltà. I nostri avversari hanno puntato sull’aggressività, sulla forza fisica dove noi siamo stati chiaramente inferiori. Qualcuno poi si è fatto condizionare dall’ambiente.”

L’esempio di Vibo: un campione ( Rosalba) e tanti buoni giocatori attorno in grado di sacrificarsi per la squadra, rappresenta un modello da seguire?

“Vibo non è che ha creato un modello, ha semplicemente fatto una campagna acuisti estiva oculata, mirata, studiate bene, prendendo buoni giocatori che si sono inseriti bene nel modulo di gioco come Sottile e l’americano Priddy che io volevo lo scorso anno a Gioia. Ha rischiato a prendere Pampel e gli è andata bene ma gli hanno affiancato un opposto esperto come Batez e si erano fiondati su Cuminetti prima di prendere lo slavo proprio perchè volevano avere una coppia di opposti intercambiabile. Le soluzioni che aveva in panchina Vibo rappresentano il mio concetto di squadra per il prossimo anno”.

Come sarà la squadra del prossimo anno?

“Voglio una squadra con la quale si riesca a lavorare bene da subito con un paio di giocatori che facciano differenza, una squadra tatticamente equilibrata, completa in ogni reparto, un gruppo forte con il quale lavorare al massimo ed una gestione del gruppo più decisa da parte mia. L’ideale? Due palleggiatori uno esperto ed uno giovane e sveglio come valida alternativa, due opposti, due liberi, tre martelli intercambiabili e tre centrali”.

Quante possibilità ha Taranto di essere ripescata?

“Il presidente certamente ne saprà più di me. Io spero che Taranto possa rifare la serie A/1 perché lo merita la società che si è comportata in maniera ineccepibile quest’anno e lo merita la gente di Taranto che ci ha sempre seguiti con calore. Io ho una gran rabbia in corpo che vorrei trasformare in energia positiva da subito. Fosse per me comincerei la prossima stagione domani”.

L’ADDETTO STAMPA
GIOVANNI SARACINO ( saracinog@interfree.it)